Proprio questo dovrebbe essere lo spirito di una nuova cultura edilizia: dal recupero di ciò che è stato dismesso, al miglioramento di ciò che esiste già. Arrivare al consumo zero di suolo è una priorità indicata a livello europeo e recepita anche in Italia, perché finalmente si sta capendo quanto è importante alla nostra vita: viviamo e lavoriamo in edifici, ma per star bene usciamo recandoci all’aperto e in natura. Ci sono dei legami invisibili tra noi e l’ambiente che ci stiamo dimenticando, sulla spinta di una illusoria continua crescita economica, la quale non ha mai guardato alle conseguenze che lo sfruttamento delle risorse naturali comporta e le cui conseguenze stiamo iniziando a vedere in questi anni. Costruire una casa, un capannone o una strada ha conseguenze che probabilmente non si erano mai valutate: perché 10 cm suolo impermeabilizzato tornino ad essere fertili, ricchi di sostanze nutritive e micro-organismi, si stima un tempo di circa 2000 anni, un po’ troppo rispetto alla nostra aspettativa di vita. Per questo il suolo deve essere considerato una risorsa non rinnovabile e per questo serve il massimo impegno per gestire in maniera responsabile il territorio, capannoni, poli logistici e cave inclusi.
